lunedì 28 dicembre 2009

Il fotovoltaico: un problema scottante?

Re-bloggo, pari pari, un interessante post del blog "Nuove Tecnologie Energetiche":

Nella valanga di bufale sull’ energia che impestano l’internet c’è anche quella che i pannelli fotovoltaici scalderebbero il pianeta assorbendo l’energia solare. L’idea si basa su un fatto fisico reale, il fatto che i pannelli sono, mediamente, più scuri del terreno sottostante. Ma il modo in cui viene proposta va dalla semplice cialtroneria alla follia totale di chi arriva a calcolare che un impianto fotovoltaico produrrebbe più calore di un’impianto termoelettrico di pari potenza. Nella realtà, l’effetto riscaldante di un impianto fotovoltaico è trascurabile di per se e ancora di più ce lo si confronta con il beneficio che l’impianto produce in termini di riduzione di emissioni di gas serra. Questo ce lo dimostra efficacemente Francesco Aliprandi nell’articolo che segue.

Il fotovoltaico è un problema scottante?

Di Francesco Aliprandi

Lo scopo degli impianti fotovoltaici è quello di convertire una parte della radiazione solare incidente la superficie in energia elettrica. Chi sia dotato di spirito di osservazione avrà forse notato che il loro colore è spesso scuro, e allo stesso tempo avrà riflettuto sul fatto che i colori scuri posti al sole raggiungono una temperatura maggiore rispetto a quelli chiari; eventualmente basta mettersi una maglietta nera sotto il sole di Luglio per convincersene, ma non voglio essere ritenuto responsabile di eventuali colpi di calore.

In tempi di global warming appare quindi lecito chiedersi se il moltiplicarsi di questi impianti – sui tetti degli edifici oppure a terra in zone extraurbane – possa in qualche modo provocare delle variazioni al bilancio energetico atmosferico e comportare un aumento della temperatura media terrestre, e se non sarebbe preferibile continuare ad usare le tradizionali centrali termoelettriche (almeno fino a quando avremo combustibile, naturalmente). Per capire come affrontare la questione è necessaria prima una breve spiegazione su come la radiazione solare interagisce con l’atmosfera terrestre.

L’energia che giunge dal Sole deve attraversare l’atmosfera prima di impattare la superficie; lungo questo percorso, una parte viene assorbita e non ce ne interesseremo; della parte rimanente una ulteriore frazione viene riflessa, ed è quella che dobbiamo considerare nella nostra analisi: se la superficie riflette molto sarà chiara, come ad esempio la neve, mentre una strada asfaltata o un tetto catramato hanno la caratteristica di riflettere solo una piccola frazione dell’energia incidente. Il rapporto fra l’energia riflessa e quella incidente viene definito albedo, ed è un numero che può variare teoricamente fra 1 per una superficie perfettamente riflettente, cioè bianca, e zero per una nera.

Quando installiamo dei pannelli fotovoltaici non facciamo altro che variare l’albedo di un luogo, cioè variamo la quantità di energia riflessa: se l’albedo dei pannelli è inferiore a quella di origine (ovvero i pannelli appaiono più scuri rispetto alla superficie preesistente) assorbiranno una percentuale maggiore dell’energia incidente.

Uno studio molto recente [1] segue esattamente questa impostazione per valutare l’incremento di radiazione assorbita per diverse ipotesi di sviluppo del settore fotovoltaico, e mostra che la variazione nell’albedo provoca in effetti un piccolo effetto di riscaldamento. L’analisi, tuttavia, prende in considerazione anche cosa accadrebbe se la medesima quantità di energia elettrica prodotta dai pannelli provenisse da centrali termoelettriche convenzionali: la combustione di gas naturale, carbone e olio combustibile ha infatti come conseguenza l’emissione di CO2 in atmosfera, mentre un pannello fotovoltaico presenta emissioni (calcolate tramite analisi LCA) che sono molto inferiori; e allo stato attuale delle conoscenze ci è chiaro che all’aumentare del biossido di Carbonio in atmosfera si alzerebbe anche la temperatura media terrestre.

Il risultato interessante è che i pannelli causano un effetto che mediamente è 30 volte minore rispetto a quello dovuto all’incremento di gas serra; anche sommando tutte le ipotesi più sfavorevoli – impianti posti in luoghi con albedo relativamente alte come il deserto, basso rendimento dei pannelli ecc. – il fotovoltaico rimane una soluzione migliore.

D’altra parte conclusioni simili, anche senza analizzare l’impatto del CO2, si ritrovano in un altro studio [2], che confronta il calore emesso da una centrale convenzionale con l’incremento di energia assorbita per la diminuzione dell’albedo. Su scala globale non sembra quindi che il fotovoltaico possa comportare un aumento delle temperature.

Rimane però da stabilire se l’effetto non rivesta qualche importanza a livello locale, e in particolare nelle città, dove l’isola di calore urbano (UHI) rappresenta già ora un problema durante il periodo estivo. In questo caso l’analisi dovrebbe considerare anche altri fattori. Ad esempio, se i pannelli sono posti sopra un tetto con delle strutture di sostegno (quindi non sono integrati), da un lato si potrebbe avere una maggiore quantità di radiazione captata e quindi un lieve aumento nella temperatura dell’aria circostante, ma dall’altro quella stessa radiazione non sarebbe più in grado di raggiungere la struttura sottostante e di essere ivi immagazzinata.

Un lavoro sull’isola di calore urbano di Tokyo [3] valuta l’effetto sulla temperatura come trascurabile: la minore riflessione dai pannelli comporta un piccolo aumento nel flusso di calore emesso dalla città nel suo complesso, ma tale incremento è piccolo rispetto al flusso derivante da tutte le altre attività umane, come l’utilizzo di energia elettrica e di automobili; in compenso, i consumi energetici necessari al condizionamento degli edifici calano del 3-10% grazie all’effetto di schermatura.

Vale anche la pena aggiungere che è possibile in genere aumentare il valore dell’albedo del tetto rivestendolo con materiali o vernici bianche altamente riflettenti, in modo da pareggiare la diminuzione conseguente all’installazione dell’impianto; soluzioni di questo tipo sono già disponibili e permettono anche di migliorare il rendimento dei pannelli, che come è noto diminuisce all’aumentare della temperatura alla quale si trovano le celle, a sua volta strettamente legata a quella dell’aria circostante.

Ulteriori ricerche potranno integrare le nostre conoscenze sugli effetti dei pannelli fotovoltaici; allo stato attuale delle cose, comunque, è chiaro che che il fotovoltaico tende a scaldare più gli animi e le discussioni che il nostro ambiente.

[1] Net Radiative Forcing from Widespread Deployment of Photovoltaics, Nemet Gregory F., Environmental science & technology 2009, vol. 43, no6, pp. 2173-2178
[2] Solar energy and global heat balance of a city, Claude-Alain Roulet, Solar Energy, Volume 70, Issue 3, 2001, Pages 255-261
[3] Impact of large-scale photovoltaic panel installation on the heat island effett in Tokyo,

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